Sara Manenti, Giulia Sartori, Carola Negro, Francesca Pozzoli
Corso di Analisi Dei Dati (COM), 2022-2023, Università degli Studi di Milano.
Tutor: Prof. Riccardo Ladini, Prof. Ferruccio Biolcati Rinaldi, Dr. Marta Moroni
Introduzione
È risaputo che il volontariato comporti una serie di aspetti positivi per chi lo pratica, ma ci rende anche più felici?
Studi precedenti mostrano che, negli Stati Uniti, le persone che fanno volontariato riportano una salute migliore e una maggiore felicità rispetto alle persone che non lo fanno, indipendentemente dalle loro caratteristiche socioeconomiche (Borgonovi, 2008). Anche da un’analisi su un campione britannico con l’utilizzo di dati longitudinali si evince come la partecipazione regolare ad attività di volontariato abbia un impatto positivo sul benessere soggettivo. Tuttavia, le analisi dimostrano come invece la felicità dei soggetti sembri essere influenzata da altri aspetti, non direttamente collegati al volontariato (Binder e Freytag, 2013).
Inoltre, una ricerca effettuata dall’Associazione Volontario Casertano sostiene che l’85% di chi pratica volontariato ha una migliore percezione di sé, il 98% vuole continuare a svolgere attività solidali e il 70% riscontra degli effetti positivi sulla sfera professionale. La soddisfazione personale appare, inoltre, tra i motivi che spingono a fare volontariato: secondo dati ISTAT il 62% dei volontari è attivo per sostenere una causa comune mentre il 49% si sente meglio con sé stesso (ISTAT, 2014).
Partendo da queste considerazioni, e in particolare dalle conclusioni provenienti dal contesto americano e britannico, ci siamo chieste se questa relazione valesse anche in Italia. Utilizzando i dati dell’indagine European Values Study (EVS) 2017 e selezionando solo i casi italiani, abbiamo cercato di verificare la presenza di una relazione tra l’attenzione verso il prossimo, in termini sia comportamentali (pratica di attività di volontariato) sia attitudinali (interesse nei confronti di diverse categorie deboli della società), con la felicità e la soddisfazione personale .
La nostra analisi intende esplorare se il solo preoccuparsi e interessarsi a determinate categorie sociali influenzi il benessere soggettivo, e quindi soddisfazione e felicità, o sia soltanto l’azione concreta di aiuto a generare nelle persone un maggiore appagamento personale.
La felicità degli individui e l’interesse sociale in Italia
Tra i 2277 rispondenti, il 14,4% ha effettuato attività di volontariato negli ultimi 6 mesi.
Il livello di felicità e di soddisfazione personale sono entrambi abbastanza elevati: il 65,9% si dichiara abbastanza felice, mentre il livello medio di soddisfazione verso la propria vita risulta pari a 7,4 su una scala a 1(insoddisfatto) a 10 (soddisfatto).
Consideriamo anche le variabili che esprimono il livello di attenzione verso il prossimo (in particolare anziani, disoccupati, migranti e malati/disabili), utili poi per definire l’interesse sociale di un individuo.
Per rispondere alla domanda di ricerca, consideriamo come variabile dipendente un indice di “benessere soggettivo” a partire dalle due variabili che misurano il livello di felicità e la soddisfazione verso la propria vita (correlazione tra le due variabili=0.56). Osservando i valori caratteristici della nuova variabile (in scala 1-10 dopo aver invertito la polarità semantica e riportato su una scala 1-10 la variabile sulla felicità, originariamente in scala 1-4), siamo in grado di constatare che in generale vi è un livello piuttosto elevato di benessere soggettivo (media 7,2).
La variabile indipendente intende esprimere il livello di attenzione sociale degli individui, considerando congiuntamente la variabile che misura l’attività di volontariato e le variabili indicanti l’attenzione verso anziani, disoccupati, migranti e malati/disabili.
In questo modo vogliamo tenere in considerazione tutte le sfaccettature dell’impegno sociale, considerando anche le persone che si interessano a tematiche sociali e alle diverse categorie deboli della società senza agire concretamente, e non soltanto coloro che si attivano tramite il volontariato per fornire aiuto (poiché i motivi per i quali non si svolgono tali attività possono essere molteplici, e non necessariamente legati al disinteresse).
In questo modo possiamo definire un maggior numero di categorie di attenzione verso il prossimo alle quali potrebbero corrispondere delle ricadute diverse sul benessere soggettivo degli individui.
Analizzando la relazione tra le variabili che esprimono l’interesse verso determinate categorie sociali, misurato su una scala 1-5, si riscontra una correlazione positiva tra tutte. Tuttavia, l’attenzione verso i migranti risulta meno intensamente associata alle altre variabili (sembrerebbe pertanto essere indicatore di una dimensione differente), e per tale motivo viene esclusa dall’analisi successiva.
È stato quindi costruito un “indice di interesse verso il prossimo” (a seguito dell’inversione della polarità semantica e un successivo raggruppamento in classi) classificando le risposte in 3 categorie (1-non interessati; 2-mediamente interessati; 3-molto interessati). Facendo rientrare nella prima categoria i casi riferiti all’intervallo 1-3 (intervallo più ampio dei successivi per via di un numero minore di casi in ogni intervallo), nella seconda quelli dell’intervallo 3.33-4 e nella terza quelli dell’intervallo 4.33-5), si osserva come gli italiani nel loro complesso siano moderatamente interessati al prossimo.
La variabile indipendente è rappresentata da una tipologia di attenzione verso il prossimo, che combina la variabile “attività di volontariato” e l’indice “interesse verso il prossimo”, variabili che ci permettono di considerare un interesse sociale sia visibile (concreto) che invisibile (e quindi solo teorico). Essa possiede 5 categorie di attenzione sociale. Corrispondono a “nessuna attenzione” (n=395) tutti coloro che non dimostrano alcun interesse per il prossimo e che non hanno svolto attività di volontariato. “Attenzione invisibile” (n=966) definisce invece coloro che hanno moderato interesse per il prossimo ma non svolgono tali attività e lo stesso vale per “forte attenzione invisibile” (n=544, con una differenza data solo da un maggiore livello di interesse), “attenzione visibile” (n=170) e “forte attenzione visibile” (n=111) invece fanno riferimento a coloro che, con diversi livelli di interesse verso il prossimo, sono volontari attivi. Come emerge dalla figura 1, la maggior parte degli italiani si concentra nella categoria “attenzione invisibile”.

Figura 1: Distribuzione della tipologia di attenzione verso il prossimo. Dati EVS 2017, Italia.
Cosa influenza la felicità?
Tramite l’analisi inferenziale si cerca l’evidenza statistica a favore della relazione tra l’attenzione verso il prossimo e il benessere soggettivo, mediante l’utilizzo di un modello di regressione lineare con variabile indipendente categoriale (vedi Figura 2, modello I; categoria di riferimento: nessuna attenzione).
Emerge che la differenza nel livello di felicità, rispetto agli individui che non hanno alcun interesse verso il prossimo, è positiva e statisticamente significativa solo per coloro che presentano un’attenzione visibile e una forte attenzione visibile (coefficiente rispettivamente di 0.62 e 0.42). Ciò infatti non vale per coloro che invece presentano un’attenzione invisibile e una forte attenzione invisibile (non praticano attività di volontariato).
Possiamo dunque affermare che il benessere soggettivo delle persone sia associato esclusivamente allo svolgimento di attività di volontariato, mentre è indifferente al solo interesse sociale. Coloro che si dichiarano mediamente e fortemente interessati alle diverse categorie sociali ma non svolgono attività di volontariato non vedono un aumento del loro benessere soggettivo. Al contrario, coloro che si dichiarano mediamente e fortemente interessati e svolgono anche tali attività hanno degli effetti positivi sul loro benessere soggettivo.
La relazione tra le variabili ci spinge a considerarne una terza al fine di verificare se la relazione sia da considerarsi spuria. Ci riferiamo così all’istruzione dei soggetti, espressa in 3 categorie: bassa, media, alta.
Si nota come all’aumentare del livello di istruzione aumenti la media relativa al livello di benessere soggettivo. Questo permette di assumere che, mediamente, le persone più istruite sono più felici e soddisfatte.
Verificando la relazione tra il livello di istruzione e la tipologia di attenzione verso il prossimo, si evince che la maggior parte dei soggetti appartenenti alle categorie “nessuna attenzione”, “attenzione invisibile” e “forte attenzione invisibile” hanno un’istruzione medio-bassa; mentre i soggetti rientranti nelle categorie di “attenzione visibile” e “forte attenzione visibile” hanno un livello di istruzione medio-alto.
Dunque, proseguiamo con un’analisi di regressione trivariata tra l’istruzione, l’attenzione verso il prossimo e il benessere soggettivo (Figura 2, Modello II).

Figura 2: Analisi di regressione bivariata (Modello I) e trivariata (Modello II). Dati EVS 2017, Italia.
Tale analisi evidenzia come la relazione tra il benessere soggettivo e l’attenzione verso il prossimo si riduce di poco controllandola per l’istruzione, conseguentemente si può considerare la relazione come soltanto parzialmente spuria. Tuttavia è interessante sottolineare come, così come evidenziato dall’analisi bivariata, solo nel caso di “attenzione visibile” e “forte attenzione visibile” vi sia un impatto significativo sul livello di benessere soggettivo (coefficiente pari rispettivamente a 0.53 e 0.38, p-value<0,05).
Quindi al netto dell’istruzione, ancora una volta, solo i soggetti che praticano attività di volontariato mostrano dei benefici sul loro benessere soggettivo, mentre coloro che si dichiarano interessati e fortemente interessati alle diverse categorie sociali ma non svolgono tali attività non mostrano ripercussioni positive sul loro benessere soggettivo.
Conclusioni
Le analisi dei dati European Values Study 2017 confermano che anche in Italia esiste una relazione tra volontariato e felicità; infatti, chi pratica attività di volontariato tende ad essere mediamente più felice e si dichiara maggiormente soddisfatto a livello personale.
Si è inoltre osservato che non tutte le forme di impegno sociale sono correlate ad un maggiore benessere dei soggetti, infatti coloro che non partecipano concretamente a fornire aiuto, e quindi mostrano solo un interesse teorico per le categorie deboli della società, non riscontrano livelli di benessere soggettivo maggiore, cosa che invece accade per coloro che svolgono attività di volontariato.
Considerando la variabile relativa all’istruzione, abbiamo visto come questa abbia influenzato leggermente il rapporto tra l’interesse sociale concreto e attivo e il livello di benessere soggettivo, il quale però rimane statisticamente rilevante, confermando tale relazione come parzialmente spuria.
In conclusione, possiamo affermare che sicuramente è presente una correlazione tra le due variabili ma non si può altrettanto sostenere che si tratti necessariamente di causalità, poiché con tali dati non possiamo escludere l’influenza di altre variabili terze, come per esempio la fiducia dei soggetti ed altri elementi della personalità. Soltanto l’utilizzo di dati più appropriati (ad esempio, dati panel) potrebbe fornire in futuro evidenza a tal riguardo.
Riferimenti bibliografici
Binder, M., & Freytag, A. (2013). Volunteering, subjective well-being and public policy. Journal of economic psychology, 34, 97-119. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0167487012001456
Borgonovi, F. (2008). Doing well by doing good. The relationship between formal volunteering and self-reported health and happiness. Social science & medicine, 66(11), 2321-2334.https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0277953608000373
CSV: IDENTIKIT DEL VOLONTARIO. https://csvassovoce.it/wp-content/uploads/2022/03/IDENTIKIT-DEF1712.pdf
EVS (2022). European Values Study 2017: Integrated Dataset (EVS 2017). GESIS, Cologne. ZA7500 Data file Version 5.0.0. https://doi.org/10.4232/1.13897.
ISTAT (2014): Attività gratuite a beneficio di altri https://www.istat.it/it/files//2014/07/Statistica_report_attivita_gratuite.pdf
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