La situazione europea
È opinione di senso comune che l’aumentata pressione migratoria di cui l’Europa è stata oggetto abbia reso i cittadini più chiusi e meno tolleranti, come una lettura superficiale di molti risultati elettorali tenderebbe a confermare.
I dati European Social Survey permettono di approfondire il fenomeno verificando, in primo luogo, se ad un aumento nella presenza di residenti stranieri sia effettivamente corrisposta una crescita degli atteggiamenti di chiusura nei loro confronti.
La Figura 1 mette a confronto l’andamento di tali atteggiamenti anti-immigrazione con l’aumento (o la diminuzione) dei residenti stranieri (dati OECD). Gli atteggiamenti sono misurati tramite un indice basato su una batteria di domande che misura quanto l’intervistato sia favorevole o contrario a permettere a persone, della stessa o di diversa etnia e di paesi più poveri di trasferirsi stabilmente nel paese. Nello specifico, si confrontano i dati del 2012 con quelli del 2016, antecedenti e seguenti la cosiddetta “crisi migratoria” del 2014-2015. In primo luogo, si nota come i residenti stranieri siano effettivamente aumentati in tutti i paesi sotto esame, ad eccezione di Spagna e Portogallo.
A questa crescita quasi generalizzata non corrisponde però un effettivo incremento degli atteggiamenti di chiusura verso gli immigrati, che si osserva in soli cinque paesi: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Italia e, in misura minore, Austria.
Tra questi, la situazione dei primi tre è abbastanza emblematica. Non solo Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca non hanno visto aumentare la propria quota di immigrati in modo significativo, ma si caratterizzano per una popolazione straniera nettamente più esigua rispetto al resto dei paesi europei. Unicamente in Italia l’aumentato atteggiamento di chiusura si presterebbe ad una lettura basata, almeno parzialmente, sulla crescente preoccupazione insita nell’aumentata pressione migratoria. Ciò richiede quindi un’analisi più approfondita.

Le determinanti italiane
La letteratura scientifica di riferimento è in larga misura concorde nel leggere i cambiamenti negli atteggiamenti di chiusura verso l’immigrazione alla luce della competizione e delle minacce che le popolazioni immigrate porterebbero con sé (Quillian 1995). Se così fosse, gli atteggiamenti più negativi si dovrebbero quindi osservare in corrispondenza delle fasce più deboli della popolazione, tra i disoccupati, gli indigenti, i meno istruiti o comunque nelle classi sociali più basse (Gorodzeisk and Semyonov 2016). I risultati riportati in Figura 2, però, confermano solo parzialmente queste ipotesi.

La misura di atteggiamenti anti-immigrazione che qui viene usata è una scala che varia di 1 a 10, dove 10 sta ad indicare gli atteggiamenti più negativi. I coefficienti riportati indicano invece le differenze tra le specifiche categorie e la categoria di riferimento (indicata in grassetto). La lettura di questi dati è abbastanza chiara: non vi è alcuna associazione tra status occupazionale e atteggiamenti anti-immigrazione, mentre esiste una debole relazione tra atteggiamenti negativi e appartenere alle classi occupazionali più bassi e l’avere difficoltà economiche.
Si osservano infatti atteggiamenti anti-immigrazione più negativi (tra gli 0,3 e gli 0,6 punti in più) in corrispondenza delle situazioni di difficoltà e delle classi occupazionali più basse. Non emerge invece alcuna differenza di atteggiamenti tra occupati, disoccupati e inattivi. Detto brevemente, l’idea per cui gli atteggiamenti più contrari all’immigrazione sarebbero concentrati negli strati più svantaggiati dal punto di vista economico e lavorativo trova solo parziale e debole conferma.
Risulta invece di maggior rilievo il livello di istruzione. Come si può osservare, infatti, vi è una differenza di quasi 2 punti tra coloro che possiedono una laurea e coloro che possiedono la sola licenza elementare. Tale lettura ben si colloca nel dibattito pubblico italiano sul tema, che spesso vede contrapposti atteggiamenti che fanno capo a due distinte categorie retoriche: il “popolo” e le “élite”. È quindi utile verificare se e come persone di diverso livello di istruzione abbiano contribuito all’aumento degli atteggiamenti anti-immigrazione che, come illustrato nella sezione precedente, si è verificato a cavallo degli anni della crisi migratoria.
La Figura 3 fornisce un quadro abbastanza chiaro e conferma l’importanza del livello di istruzione nelle differenze di atteggiamento. Quello che emerge, infatti, è il dualismo tra persone con bassa scolarizzazione (scuola primaria o secondaria inferiore) e alta scolarizzazione (diploma o laurea). Se per le prime si osserva un più alto livello di chiusura ma di fatto nessun aumento, per i secondi si nota invece un notevole incremento (quasi 2 punti) passando dal 2012 al 2016. La situazione che i dati descrivono è quindi quella di un peggioramento delle opinioni anti-migratorie che si colloca soprattutto tra gli strati più istruiti della popolazione.

Conclusioni
Quello che i dati mostrano è come l’Italia rappresenti il caso più emblematico della relazione tra la crescente chiusura verso gli immigrati e l’aumento degli stessi. Al contrario di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, in cui una forte chiusura non trova spiegazione nell’effettivo aumento della pressione migratoria, l’Italia si presta maggiormente ad un’interpretazione di questo tipo. Secondo buona parte della letteratura, tale aumento introdurrebbe elementi di minaccia e competizione economica e culturale per cui gli atteggiamenti più negativi si dovrebbero concentrare nelle fasce più vulnerabili della popolazione.
I dati però non confermano in modo inequivocabile questa teoria. Se da una parte si nota infatti una debole relazione tra atteggiamenti anti-immigrazione e la condizione economica e classe occupazionale degli intervistati, per cui i soggetti con difficoltà economiche, gli operai e i piccoli imprenditori dichiarano posizioni più negative verso gli immigrati, la parte del leone la fa l’istruzione. In merito a ciò si notano forti differenze tra i diplomati/laureati e coloro che possiedono titoli inferiori. Se i secondi si caratterizzano per forti, ma costanti, atteggiamenti di chiusura, il peggioramento degli stessi si è concentrato soprattutto tra gli individui più istruiti, tanto da vedere il divario notevolmente ristretto negli anni successivi alla crisi migratoria.
Ciò apre il dibattito e pone molti dubbi circa la lettura degli atteggiamenti anti-immigrazione unicamente alla luce dell’aumentata competizione, soprattutto considerato quanto il loro aumento si stia osservando maggiormente tra i soggetti più istruiti.
BIBLIOGRAFIA
Gorodzeisky, Anastasiay and Moshe Semyonov. 2016. “Not Only Competitive Threat but Also Racial Prejudice: Sources of Anti-Immigrant Attitudes in European Societies.” International Journal of Public Opinion Research 28(3):331–54.
Quillian, Lincoln. 1995. “Prejudice as a Response to Perceived Group Threat: Population Composition and Anti- Immigrant and Racial Prejudice in Europe.” American Sociological Review 60(4):586–611.
GLOSSARIO
INDICE: Misura calcolata a partire dalle risposte a più domande, le quali devono dimostrarsi adatte a coprire sfumature diverse del medesimo concetto.
VALORE PREDETTO: valore atteso per una determinata misura al variare di uno o più attributi, lasciando tutti gli altri costanti.
AUTORE
Francesco Molteni è assegnista di ricerca e professore a contratto presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche (UNIMI). È specializzato in tecniche quantitative basate su dati survey. I suoi interessi di ricerca spaziano dagli atteggiamenti anti-immigrazione alla trasmissione religiosa, con particolare attenzione a quella degli immigrati.