Di Francesco Molteni e Ferruccio Biolcati
Età, periodo o corte?
Il cambiamento è intrinseco alla storia umana, e non c’è da sorprendersi per l’attenzione che le scienze sociali vi dedicano. Basti pensare ad alcune frasi ricorrenti o modi di dire per accorgersi che l’idea stessa di cambiamento nasconde diverse accezioni.
Dal famoso “ne usciremo migliori” legato alla pandemia (effetto del periodo che si sta vivendo), a frasi come “da quando si è sposato è cambiato” (effetto dell’età che progredisce) o “i giovani dei miei tempi erano diversi” (effetto della coorte di nascita), sono diversi i modi in cui si possono intendere i cambiamenti nel tempo tra persone, gruppi o intere società.
La comprensione di quale sia il principale “motore” del cambiamento è fondamentale per indagare i motivi – se non le cause – che stanno dietro ai mutamenti di valori, atteggiamenti e comportamenti.
Quando ci si riferisce ad un effetto età o periodo si assume che le persone cambino durante la loro vita. Invece, nel caso di un effetto coorte ci si sofferma sul contesto in cui valori e atteggiamenti si sono formati: in questo caso l’idea di fondo è che, una volta formatisi, valori e atteggiamenti restino poi di fatto stabili lungo tutto il corso di vita.
Molti contributi hanno provato ad argomentare circa la preponderanza dell’uno o dell’altro effetto e, specialmente quando si parla di atteggiamenti, emerge la maggiore rilevanza del contesto di socializzazione e crescita, e quindi della generazione di appartenenza, per la formazione degli stessi.
Un caso emblematico di questi studi riguarda il cambiamento religioso, in particolare della religiosità degli individui.
Generazioni, periodi e cambiamento religioso in Europa
Per le società occidentali e specialmente europee, vi sono moltissime evidenze sul deciso e costante calo della religiosità individuale, almeno nella sua forma più istituzionale.
Per poter argomentare circa le cause di questo declino è però necessario capire se si tratti di qualcosa di trasversale (effetto periodo: le persone diventano meno religiose con lo scorrere del tempo) o se generazioni meno religiose stiano progressivamente sostituendo quelle più religiose (effetto coorte/cambiamento generazionale).
Dal punto di vista empirico, il poter distinguere tra le due è complesso e necessità di almeno due requisiti: dati di qualità e tecniche appropriate.
Per quanto riguarda il primo, il dataset CARPE raccoglie e armonizza dati sulla frequenza alla messa provenienti da cinque grandi survey internazionali, andando a coprire il periodo dagli anni ‘70 in poi con circa due milioni di osservazioni individuali.
Per quanto riguarda il secondo, le caratteristiche di tale dataset rendono un modello di regressione multilivello la soluzione migliore per isolare i contributi relativi di periodi e coorti al cambiamento religioso.
I risultati, riportanti nella Figura 1, sono più che evidenti. Il declino religioso che stiamo osservando in Europa è interamente trainato dal susseguirsi delle generazioni: da quelle molto religiose nate agli inizi del secolo scorso a quelle ormai secolarizzate degli anni ‘90 (si veda grafico di sinistra). In contributo del semplice scorrere del tempo è invece trascurabile (si veda grafico di destra).

Dalle analisi emerge come questa lettura sia comune a praticamente tutti gli stati europei, con la sola parziale eccezione dei paesi dell’ex-blocco sovietico: questi hanno vissuto un’accelerazione forzata di tale processo durante gli anni del regime a cui è succeduta una leggera – e ormai riassorbita – ripresa.
Questa coerenza, e soprattutto la forma osservata di questo declino (una sorta di “S” rovesciata), avvalorano l’ipotesi di una vera e propria dinamica demografica: ogni nuova coorte si troverà ad essere socializzata in un contesto un po’ meno religioso della coorte precedente, ma a sua volta contribuirà al contesto di socializzazione della coorte successiva, che per forza di cose sarà ancora meno religioso.
Questa dinamica è esattamente ciò che è matematicamente descritto dalla curva di Verhulst, così conosciuta sin dall’Ottocento dal nome di colui che per primo l’ha formalizzata. Tale curva è stata largamente applicata nei modelli di diffusione in moltissimi campi, dalla biologia alle neuroscienze, dall’epidemiologia alla demografia.
Il punto comune a tutti questi contributi è che, una volta raggiunta una soglia critica di “aderenti”, un qualsiasi cambiamento diventa di fatto inarrestabile, in quanto si autosostiene proprio per i motivi indicati sopra. Questo è esattamente quello che sta succedendo alla religiosità individuale nel mondo contemporaneo.
Per approfondire: Molteni, F., & Biolcati, F. (2022). Religious Decline as a Population Dynamic: Generational Replacement and Religious Attendance in Europe. Social Forces. https://doi.org/10.1093/sf/soac099
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