Gli italiani e il cambiamento climatico: tra preoccupazione, disponibilità a mitigarlo e malessere psicologico

di Paolo Amantini e Marta Moroni

“Non voglio cambiare pianeta.”  Pablo Neruda

Il cambiamento climatico è uno delle maggiori sfide che la nostra società sta affrontando. Il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) lo ha definito uno dei problemi più preoccupanti per l’umanità (Bouman et al. 2020).

Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono diventati sempre più evidenti e più frequenti in tutto il mondo, Italia compresa. Nel 2022 infatti gli italiani hanno vissuto da vicino diverse conseguenze del riscaldamento globale: dalle alluvioni e le forti grandinate, fino al crollo dei ghiacciai della Marmolada e del Gran Combin (report città clima 2022).

Data la crescente rilevanza che il tema del cambiamento climatico ha acquisito negli ultimi anni a livello nazionale e internazionale, diventa importante chiedersi non solo che opinioni abbiano gli italiani verso il cambiamento climatico ma anche, e soprattutto, cosa siano disposti a fare per mitigarlo.

In questo articolo risponderemo a queste domande utilizzando i dati della quinta rilevazione di ResPOnsE COVID-19 raccolti in Italia tra novembre e dicembre 2022.

In particolare, esploreremo tre aspetti principali:

  1. Quanto gli italiani pensano che il cambiamento climatico sia importante e quanto ne sono preoccupati.
  2. Che relazione c’è tra la preoccupazione per il cambiamento climatico e la disponibilità ad attuare comportamenti pro-ambiente o affrontare dei sacrifici per mitigarlo
  3. Quale sia la relazione tra la preoccupazione per il cambiamento climatico ed il benessere psico-fisico degli italiani.

Cosa pensano gli italiani del cambiamento climatico?

I dati della quinta rilevazione di ResPOnsE COVID-19 mostrano che in Italia c’è consapevolezza verso il tema del cambiamento climatico, sia in termini di credenza nelle cause e nelle conseguenze del fenomeno, sia in termini di preoccupazione e di importanza del tema.

Il 64% degli intervistati, infatti, è sicuro che il clima del mondo stia cambiando, e questa percentuale sale al 92% se si considerano anche coloro che, meno convinti, affermano che il clima sta probabilmente cambiando.

Il 51% degli italiani individua l’attività umana come causa principale del cambiamento climatico e il 28% ritiene che esse sia causato in misura più o meno uguale da fattori naturali e umani. Molto meno diffusa è la percezione che il cambiamento climatico sia causato esclusivamente dall’attività umana (11%) e solo una minoranza indica i processi naturali come causa principale (8%) o unica (2%) del cambiamento climatico.

La sensibilità verso il cambiamento climatico è confermata anche dai dati riguardanti la preoccupazione e il giudizio sull’importanza del fenomeno. Il 51% dei rispondenti è estremamente o molto preoccupato per il cambiamento climatico, il 37% si sente abbastanza preoccupato, e solo il 12% non è preoccupato.

Per quanto riguarda il giudizio verso l’importanza del tema, il 59% dei rispondenti lo considera molto o estremamente importante, e solo il 7% pensa sia poco o per nulla importante.

Differenze sociodemografiche  

Quali sono le caratteristiche sociodemografiche che incidono sulla preoccupazione e sull’importanza attribuita al cambiamento climatico?

La figura 1 mostra le probabilità di essere preoccupati (triangoli gialli) e di ritenere il cambiamento climatico un fenomeno importante (cerchi blu), divise per genere, fascia di età, grado di istruzione e area geografica.

Figura 1. Probabilità di essere preoccupato per il cambiamento climatico e ritenerlo importante separatamente per genere, fascia d’età, livello d’istruzione e area geografica. Valori predetti e intervalli di confidenza al 95%

Dall’analisi condotta emerge che le donne, i giovani (18-34 anni) e coloro che sono altamente istruiti (con laurea) sono più preoccupati per il cambiamento climatico.

Per quanto riguarda l’importanza attribuita al tema, invece, non si notano grandi differenze se non per livello di istruzione: le persone con una laurea hanno più probabilità di dare maggiore importanza al cambiamento climatico.

Questo risultato mette in luce la diversa natura dell’importanza rispetto alla preoccupazione per il clima: la prima è più razionale e si basa su conoscenze, la seconda è più emotiva. Questo potrebbe dunque spiegare perché coloro con un’istruzione più alta tendono a dare maggiore importanza al cambiamento climatico. Infatti, l’effetto dell’istruzione conferma i risultati di studi scientifici che mostrano che l’istruzione ha generalmente un effetto positivo sulla consapevolezza verso il cambiamento climatico (Baiardi, 2022).

Per quanto riguarda l’età, le differenze più marcate si notano in termini di preoccupazione per il fenomeno, a conferma di studi precedenti che mostrano che i giovani percepiscono di vivere con l’idea di un futuro segnato dal cambiamento climatico (American Psychological Association, 2018).

Tuttavia, ci saremmo aspettati una discrepanza più marcata anche riguardo l’importanza del tema, dato il ruolo che il discorso pubblico assegna ai giovani in termini di partecipazione alle questioni ambientali e considerando la crescente presenza di giovani nei movimenti ambientalisti degli ultimi tempi (si pensi al movimento Fridays for Future, fondato da una giovanissima ragazza svedese).

L’Italia per la sua posizione geografica e per la morfologia del suo territorio è particolarmente esposta agli effetti dei cambiamenti climatici. Secondo il report dell’osservatorio Città clima di Legambiente, nel 2022 si sono verificati 310 eventi metereologici estremi, che hanno causato 29 vittime. Questi fenomeni hanno principalmente interessato il nord Italia, seguito dal sud e dal centro. Ciononostante, la preoccupazione e l’importanza appaiono distribuite omogeneamente nel territorio, non mostrando differenze significative in termini di probabilità.

Disponibilità a fare sacrifici per mitigare il cambiamento climatico

Affrontare il cambiamento climatico richiede trasformazioni rilevanti a livello sia individuale che collettivo. Trasformazioni che per essere attuate necessitano di un’opinione pubblica sensibile al tema del cambiamento climatico, ma anche disposta a modificare alcuni comportamenti e pagare dei costi per favorirne la mitigazione (Fairbrother, 2022; Andersen and Mayerl, 2022).

I dati ResPOnsE COVID-19 confermano che la maggior parte degli italiani è preoccupata per il cambiamento climatico e lo ritiene un tema importante, ma a questa preoccupazione corrispondono anche comportamenti pro-ambiente e un’alta disponibilità a fare sacrifici per mitigare il cambiamento climatico?

La figura 2 mostra le probabilità, per chi è preoccupato e per chi non è preoccupato, sia di accettare un aumento di tasse e di accettare limitazioni del proprio standard di vita per mitigare il cambiamento climatico sia di attuare alcuni comportamenti pro-ambiente – ridurre il consumo di carne rossa, evitare l’uso del condizionatore e spegnere sempre le luci quando non sono necessarie.

Figura 2. Probabilità di accettare aumenti delle tasse e limitazioni allo standard di vita per favorire la mitigazione del cambiamento e probabilità di attuare alcuni comportamenti pro-ambiente tra preoccupati e non per il cambiamento climatico. Valori predetti e intervalli di confidenza al 95%

Innanzitutto, i dati mostrano che la probabilità di accettare sacrifici e adeguarsi ai tre comportamenti analizzati è sempre maggiore per coloro che sono preoccupati per il cambiamento climatico rispetto a coloro che non lo sono.

Inoltre, dalla figura 2 si nota come le maggiori differenze tra chi è preoccupato e chi non lo è riguardano le disponibilità ad accettare sacrifici e in particolare ad accettare limitazioni al proprio standard di vita (è disponibile il 78% dei preoccupati, e solo il 50% di chi non è preoccupato).

Per quanto riguarda i comportamenti invece le differenze per preoccupazione sono minori. Tra chi è preoccupato il 48% ha un basso consumo di carne rossa, il 52% evita di usare il condizionatore e l’92% spegne sempre le luci contro, rispettivamente, al 37%, al 44% e all’85% di chi non è preoccupato.

I dati, quindi, confermano una relazione tra preoccupazione per il fenomeno e disponibilità ad accettare sacrifici e adeguarsi a comportamenti pro-ambiente. Tuttavia, questa breve analisi sembra anche suggerire che la relazione vari notevolmente a seconda del sacrificio o del comportamento in questione.

In particolare, a conferma di quanto sottolineato nella letteratura (Fairborther, 2022), si nota che quando sono menzionati dei precisi costi individuali (pagare tasse più alte), la disponibilità a sacrificarsi si abbassa notevolmente anche tra chi è preoccupato. Il 78% dei preoccupati è disponibile ad accettare limitazioni al proprio standard di vita, ma la percentuale scende al 45% per quanto riguarda la disponibilità ad accettare un aumento delle tasse.

Similmente, il fatto che quando si considerano i comportamenti, le differenze per preoccupazione sono molto minori rispetto alle differenze riguardo le intenzioni, sembra suggerire che la preoccupazione non sia l’unico motore per promuovere cambiamenti pro-ambiente.

Benessere psicofisico e cambiamento climatico

È possibile che gli effetti dei cambiamenti climatici si riverberino anche sulla salute mentale (Innocenti et.al. 2021, Wang et al 2018), per esempio attraverso la grande quantità di notizie allarmanti rispetto al riscaldamento globale cui i cittadini sono quotidianamente esposti dai media. Tra questi si pensi ai problemi legati alla siccità, e le conseguenze che questa può avere per l’agricoltura, i prezzi al consumo e il possibile razionamento dell’acqua. Tale esposizione potrebbe portare le persone a sviluppare emozioni come rabbia, paura e tristezza in particolar modo nei soggetti più sensibili ed empatici rispetto al problema climatico.

L’indagine ResPOnsE permette di studiare questa relazione poiché, assieme alle domande sul cambiamento climatico, è stato chiesto ai rispondenti di indicare quanto spesso nell’ultima settimana avessero provato sensazioni quali nervosismo, depressione, solitudine e pessimismo (raramente o mai, qualche volta, abbastanza frequentemente oppure la maggior parte del tempo).

Come si nota dalla figura 3, coloro che si sentono preoccupati per il cambiamento climatico hanno maggiore probabilità di provare queste emozioni “negative”. Non vi sono differenze sostanziali, ma vi è una chiara tendenza per cui coloro preoccupati hanno più chance di provare le emozioni “negative” in esame.

L’analisi presentata controlla per fattori sociodemografici quali genere, età, istruzione e area geografica che potrebbero sottostare sia alla preoccupazione che all’esperienza di emozioni negative, suggerendo quindi che esiste una relazione fra preoccupazione ed emozioni provate. Tuttavia, con i dati a nostra disposizione non è possibile avere certezze circa la direzione di tale relazione, in quanto è possibile che chi prova frequentemente sensazioni negative sia anche più propenso a preoccuparsi per il clima.

Sono stati coniati molti termini per descrivere gli stati emotivi legati al clima, quali eco-ansia, eco-rabbia ed eco-depressione. Dai risultati emergono tratti di queste emozioni, ma sono necessari studi più approfonditi per delinearne la portata e l’intensità.

Le campagne di sensibilizzazione tendono a far leva sulle emozioni per incentivare comportamenti volti a mitigare i cambiamenti climatici. Le emozioni però non possono essere utilizzate come mere leve, in quanto ad un aumento di una emozione non corrisponde sempre un aumento di comportamenti favorevoli all’ambiente (Schneider, Zaval e Markowitz 2021).

Figura 3. Probabilità di essersi sentiti frequentemente nervosi, depressi, soli e non ottimisti nel corso dell’ultima settimana tra preoccupati e non per il cambiamento climatico. Valori predetti e intervalli di confidenza al 95%

Conclusioni

In conclusione, i dati sembrano suggerire che la maggior parte degli italiani è consapevole dell’esistenza del cambiamento climatico e lo ritiene una questione importante. Anche la preoccupazione per il fenomeno è diffusa tra gli italiani, in particolare tra i più giovani, le donne e coloro che sono altamente istruiti.

Inoltre, l’analisi ha sottolineato la presenza di una relazione tra preoccupazione per il cambiamento climatico e disponibilità ad accettare sacrifici per mitigarlo e a adeguarsi a comportamenti pro-ambiente.

Questi risultati sembrano suggerire che sollecitare la preoccupazione per il cambiamento climatico possa contribuire ad aumentare il supporto a politiche di mitigazione e comportamenti pro-ambiente. Tuttavia, l’effetto della preoccupazione sembra dipendere notevolmente dal comportamento e dalla politica proposta, suggerendo anche che stimolare la preoccupazione non può essere l’unico motore per promuovere quei cambiamenti individuali e sociali che sono necessari per affrontare il fenomeno.

Infine, questa breve ricerca evidenzia anche una relazione fra preoccupazione e stato emotivo, dove coloro che sono preoccupati tendono più frequentemente a provare stati di depressione, nervosismo e di solitudine. Nonostante non si posa escludere la possibilità che la relazione sia inversa, e coloro che soffrono maggiormente di stati di stress siano anche più preoccupati per il cambiamento climatico, i nostri risultati sembrano confermare quello che diversi studiosi sottolineano: il cambiamento climatico può avere conseguenze anche sulla salute mentale delle persone (Innocenti et.al. 2021, Wang et al 2018).

Bibliografia

American Psychological Association, and American Psychological Association. “Stress in America: generation Z.” Stress in America Survey 11 (2018).

Andersen, H. K., & Mayerl, J. (2022). Is the Effect of Environmental Attitudes on Behavior Driven Solely by Unobserved Heterogeneity?. KZfSS Kölner Zeitschrift für Soziologie und Sozialpsychologie74(3), 381-408.

Baiardi, D. (2021). What do you think about climate change?. Journal of Economic Surveys.

Bouman, Thijs, Mark Verschoor, Casper J. Albers, Gisela Böhm, Stephen D. Fisher, Wouter Poortinga, Lorraine Whitmarsh, and Linda Steg. 2020. “When Worry about Climate Change Leads to Climate Action: How Values, Worry and Personal Responsibility Relate to Various Climate Actions.” Global Environmental Change 62 (May): 102061.

Fairbrother, M. 2013. “Rich People, Poor People, and Environmental Concern: Evidence across Nations and Time.” European Sociological Review 29 (5): 910–22.

Fairbrother, M. (2022). Public opinion about climate policies: A review and call for more studies of what people want. PLOS Climate, 1(5), e0000030.

Innocenti, Matteo, Gabriele Santarelli, Vanessa Faggi, Lorenzo Ciabini, Giovanni Castellini, Ferdinando Galassi, and Valdo Ricca. 2022. “Psychometric Properties of the Italian Version of the Climate Change Worry Scale.” The Journal of Climate Change and Health 6 (May): 100140.

Schneider, Claudia R, Lisa Zaval, and Ezra M Markowitz. 2021. “Positive Emotions and Climate Change.” Current Opinion in Behavioral Sciences, Human Response to Climate Change: From Neurons to Collective Action, 42 (December): 114–20.

Wang, Susie, Zoe Leviston, Mark Hurlstone, Carmen Lawrence, and Iain Walker. 2018. “Emotions Predict Policy Support: Why It Matters How People Feel about Climate Change.” Global Environmental Change 50 (May): 25–40.

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash


Paolo Amantini e Marta Moroni

Paolo Amantini è studente di Data Analytics for Politics, Society and Complex Organizations all’Università degli studi di Milano. I suoi interessi di ricerca riguardano principalmente il cambiamento climatico ed è appassionato di visualizzazione dei dati. Per saperne di più: https://www.paoloamantini.it/index.html

Marta Moroni è dottoranda in Sociology and Methodology of Social Research presso NASP – Network for the Advancement of Social and Political Studies (Università Statale di Milano). È membro del laboratorio di ricerca SpS Trend “Hans Schadee” presso la stessa univeristà. I suoi interessi di ricerca riguardano gli atteggiamenti verso il cambiamento climatico e l’ambiente, la formazione dell’opinione pubblica e le disuguaglianze sociali e di genere.